Mario Gherardini

Mario Gherardini nasce a Verona nel 1906. Dopo aver conseguito il diploma di geometra, si iscrive alla Scuola serale del Nudo presso l’Istituto Venturi. A Modena inizia a dipingere nel 1946 e si pone quindi tardivamente all’attenzione del pubblico; anche se non riuscirà mai a dedicarvisi a tempo pieno, l’attività artistica lo assorbirà intensamente lungo tutto l’arco della sua breve vita.

Mario Gherardini

Nel 1948 Gherardini espone alla Saletta nell’ambito della Mostra dei dilettanti e due anni dopo vi ricompare con la prima personale, nel cui catalogo viene data evidenza alla sensibilità cromatica, all’essenzialità delle forme e all’equilibrio compositivo che caratterizzano le sue opere, tra le quali molte vedute e nature morte (Marina, 1947; Tramonto sul Naviglio, 1947; Fiori di campo, 1948).

Il testo in catalogo rileva inoltre come Gherardini abbia abbandonato i canoni ottocentisti cui si rifaceva fino all’anno precedente a favore di un linguaggio nuovo, semplice e conciso, più in linea con le esigenze dell’epoca moderna; tale “linguaggio non trae origine da correnti di attualità o di moda che spesso orientano l’artista verso forme più cerebrali che estetiche, talvolta troppo palesemente povere di sincerità, bensì da uno spontaneo senso di equilibrio che fa cercare al Gherardini di purificare la sua visione pittorica, di non inaridirla nella cifra o attardarla nella pedanteria, per attingere invece a forme via via più semplici ed essenziali […]”: esempio della sua nuova maniera sono i dipinti dedicati alle carovane e agli accampamenti di zingari.

Tra la fine degli anni quaranta e negli anni cinquanta è presente a numerose collettive in città e in provincia, distinguendosi in particolare nelle rassegne dedicate al paesaggio: al Premio Paesaggio Pavullese si aggiudica il quarto posto nel 1952 e vince il primo premio a pari merito con Annovi nel 1954. Nel 1951 partecipa, insieme ad altri pittori modenesi, alla Mostra Nazionale d’Arte contemporanea di Ravenna e a quella “Frutta nell’arte” di Massa Lombarda; nel 1954 espone a Cesenatico, a Milano nell’ambito del Premio Marzotto e a Francavilla al Mare in occasione del Premio Michetti. Risale al novembre del medesimo anno la seconda personale, ancora una volta ospitata alla Saletta e di nuovo presentata in catalogo da Giovanni Grimaldi, che rimarca i progressi svolti in quel biennio dal pittore, ora più disinvolto nell’armonizzare gli accordi cromatici e padrone di una tavolozza cromatica sua propria, meno anonima rispetto a quella delle tele antecedenti. Le ventiquattro opere esposte, dedicate a scenari quotidiani, composizioni floreali e verdeggianti declivi appenninici resi attraverso prospettive destabilizzanti (si vedano Periferia di Modena, Autunno sulle colline, I baracconi, Casolare a Montombraro), ribadiscono la vena sincera e spontanea che sottende il fare pittorico dell’artista: “l’equilibrio compositivo, la maggiore evidenza della materia, la più spigliata sicurezza del tocco, sono altrettante conferme che il Gherardini ha percorso in ascesa e quasi senza soste il cammino di questi ultimi anni.”

Nel 1955 prende parte ad altre collettive locali vincendo anche dei premi, si aggiudica la medaglia d’argento al Concorso Ramazzotti del costume italiano e partecipa al Premio La Spezia; nel marzo dell’anno seguente espone alla Mostra Regionale del Tricolore a Reggio Emilia.

Muore prematuramente il 26 agosto 1956 e tre mesi dopo gli viene dedicata una retrospettiva alla Saletta, con un testo in catalogo che dell’artista scomparso rimarca la tecnica rapida e schematica, la continua ricerca di nuovi mezzi, la tendenza a migliorarsi e ad evolvere: nelle ultime opere sono infatti apprezzabili i progressi compiuti, tradotti in una più armoniosa fusione dei colori e in una maggiore morbidezza. I quadri di Gherardini “hanno in se stessi, nella nitida grafia spoglia di elementi superflui e quindi ridotta a una spigliata e moderna essenzialità, le validità di esprimere negli spaziosi sereni paesaggi l’amore per le cose della natura e per la vita che è mancata.”

Il linguaggio pittorico dell’artista mostra nel complesso un distacco dalla locale tradizione post impressionistica a favore di semplificazioni geometrico-formali e destrutturazioni rievocanti modelli post-cézanniani nei paesaggi e nelle nature morte, caratterizzati talvolta da linee di contorno scure e da plasticismi di sapore novecentista. I fiori sistemati con cura nei vasi e la frutta disposta sulla tavola riconducono ad un ambito intimo e familiare; difficilmente però la presenza umana è esplicitata ed anche nelle vedute immortalate dal pittore - che predilige gli scorci più appartati e silenziosi – essa è percepibile soltanto attraverso gli edifici, le tende sulla spiaggia, i carrozzoni e le carovane degli zingari.

Nel 1976, la galleria “Farini 23” ospita una mostra postuma con presentazione di Domenico Melli. Altre sue personali sono organizzate a Modena negli anni successivi.